Ciao a tutti amici lettori!
Come avete trascorso queste primi dieci giorni di gennaio?
Io nuovamente rinchiusa in quella gabbia di matti che è il reparto di
Neuropsichiatria infantile e non potrei essere più felice di così!
Il tirocinio sta proseguendo alla grande, mi piace sempre di
più lavorare con i bambini, soprattutto con quelli psichiatrici: è
difficilissimo costruire una relazione con loro, ma appena riesci, si notano
subito i cambiamenti nell’umore del bambino. Con le ragazze anoressiche è
ancora più difficile, ma quando capiscono che si possono fidare e che da te non
verranno mai giudicate male, allora ti donano tutto quello che hanno, senza
riserve e senza pretendere niente in cambio.
Questo tirocinio mi ha dato tanto, non tanto dal punto di
vista didattico, si è sempre in tempo per imparare a fare i calcoli delle dosi
o a fare un prelievo ad un bambino, quanto più per quanto riguarda la
relazione: ho imparato come rapportarmi con qualsiasi tipo di paziente, dal malato
schizofrenico, alla ragazza anoressica che rifiuta qualsiasi tipo di cura, alla
mamma del neonato con tumore cerebrale.
Sapersi rapportare con le persone che vengono a contatto con
una realtà difficile come l’ospedalizzazione è una delle caratteristiche che
distinguono l’infermiere dalle altre figure professionalizzanti all’interno
dell’ospedale. Prima ero convinta che i medici non instaurassero nessun tipo di
rapporto con il paziente, ma dopo aver passato quasi un mese in questo reparto,
credo che dovrò ritornare sui miei passi: qui i medici (soprattutto gli
specializzandi) parlano moltissimo con i bambini e li coinvolgono nel progetto
di cura (come è giusto che sia).
Nei reparti con adulti non ho mai visto un medico parlare
tranquillamente con un paziente semplicemente per il piacere di farlo (a meno
che non si trattasse di un conoscente); forse perché si ritiene che gli adulti,
in quanto tali, non abbiano bisogno di rassicurazioni, di essere ascoltati ne
tanto meno capiti e si pensa siano a conoscenza del loro progetto assistenziale
e diagnostico/interventistico.
Sbagliato! Tante volte ho assistito a scene del tipo
“infermiera a questo paziente dovremmo fare un prelievo per vedere i livelli di
PT PTT e INR per stabilire se è necessario iniziare una terapia TAO con
coumadin”. Dopo aver dato la sua prescrizione, il medico esce dalla stanza
senza salutare e il paziente, con uno sguardo che varia dall’impaurito allo
sconcertato, chiede all’infermiera di spiegargli “cosa ha detto il dottore”.
Questo genere di situazioni non fa altro che aumentare la
paura del paziente, che già si trova in una realtà estranea alla sua
quotidianità, con un problema che lui non comprende e non è in grado di
risolvere da solo.
Questo loro credersi onnipotenti è una delle cose che mi
infastidisce di più ma, ora che sono solo una studentessa, non posso fare
niente per ribellarmi, quindi mi limito a trattenermi in stanza e spiegare al
paziente quello che ha detto il medico.
Cambiando argomento… ieri sono andata a sciare con le mie
cugine e mio zio. Dire che ci siamo divertiti è riduttivo. Soprattutto alla
fine quando, la più grande delle tre sorelle, è caduta (da ferma) da un
tapiroulant che andava ad una velocità paragonabile a quella di una tartaruga
paralitica! Anche adesso se ci ripenso mi viene ancora da ridere. La scena che
si è presentata ai miei occhi è stata questa: lei che continuava a sedersi
sugli sci mentre l’affare procedeva lento, a un certo punto scivola, si ribalta
a testa i giù con gli sci che fendevano la neve accumulata ai lati del nastro e
io in piedi dietro di lei che ridevo tanto da farmi venire le lacrime agli
occhi!
Ieri ho anche iniziato a leggere un nuovo libro: si intitola
la Terra delle Storie di Chris Colfer. Gli amanti di Glee sapranno sicuramente
chi è, ma per chi non ne fosse a conoscenza questo ragazzo interpreta Kurt
Hummel, l’unico ragazzo gay dichiarato che frequenta la scuola Mckinley.
È un libro molto carino nonostante sia per bambini, lo si
capisce dal lessico semplice e dalla narrazione fiabesca. Tuttavia sono d’accordo
con la frase che ha inserito Chris all’inizio del libro “un giorno sarai
abbastanza vecchio da ricominciare a leggere le fiabe” (di C.S. Lewis); non
posso dire di essere vecchia, ma leggere una fiaba vuol dire poter tornare
bambini e dimenticarsi dei problemi dei grandi. Ogni tanto abbiamo bisogno di
scappare, rifugiarci in un mondo tutto nostro dove poter stare in tranquillità
per almeno qualche ora.
Ho finito di leggere Red per l’ennesima volta (bello quanto
il canestro della vittoria fatto all’ultimo secondo dell’ultimo quarto della
partita); non mi stancherò mai di rileggerlo!
Il prossimo in lista sarà La Biblioteca dei Morti di Glenn
Cooper: una mia amica ha detto che è molto bello, quindi ho deciso di
prenotarlo in biblioteca, appena l’avrò finito vi farò sapere!
Ora me ne torno a studiare! Purtroppo gli esami si
avvicinano e io non sono nemmeno lontanamente preparata!
Buona domenica a tutti!
Con affetto
C.
Ciao! Deve essere fantastico lavorare con i bambini *-*
RispondiEliminaSono curiosa di sapere cosa ne pensi del libro di Chris Colfer ^_^
Red è in wl da una vita D: spero di leggerlo al più presto!
È bellissimo e stimolante! Sono in grado di darti tantissimo! Il libro l'ho quasi finito! Finora mi piace!!
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