domenica 12 gennaio 2014

Post della Domenica!

Ciao a tutti amici lettori!
Come avete trascorso queste primi dieci giorni di gennaio? Io nuovamente rinchiusa in quella gabbia di matti che è il reparto di Neuropsichiatria infantile e non potrei essere più felice di così!
Il tirocinio sta proseguendo alla grande, mi piace sempre di più lavorare con i bambini, soprattutto con quelli psichiatrici: è difficilissimo costruire una relazione con loro, ma appena riesci, si notano subito i cambiamenti nell’umore del bambino. Con le ragazze anoressiche è ancora più difficile, ma quando capiscono che si possono fidare e che da te non verranno mai giudicate male, allora ti donano tutto quello che hanno, senza riserve e senza pretendere niente in cambio.
Questo tirocinio mi ha dato tanto, non tanto dal punto di vista didattico, si è sempre in tempo per imparare a fare i calcoli delle dosi o a fare un prelievo ad un bambino, quanto più per quanto riguarda la relazione: ho imparato come rapportarmi con qualsiasi tipo di paziente, dal malato schizofrenico, alla ragazza anoressica che rifiuta qualsiasi tipo di cura, alla mamma del neonato con tumore cerebrale.
Sapersi rapportare con le persone che vengono a contatto con una realtà difficile come l’ospedalizzazione è una delle caratteristiche che distinguono l’infermiere dalle altre figure professionalizzanti all’interno dell’ospedale. Prima ero convinta che i medici non instaurassero nessun tipo di rapporto con il paziente, ma dopo aver passato quasi un mese in questo reparto, credo che dovrò ritornare sui miei passi: qui i medici (soprattutto gli specializzandi) parlano moltissimo con i bambini e li coinvolgono nel progetto di cura (come è giusto che sia).
Nei reparti con adulti non ho mai visto un medico parlare tranquillamente con un paziente semplicemente per il piacere di farlo (a meno che non si trattasse di un conoscente); forse perché si ritiene che gli adulti, in quanto tali, non abbiano bisogno di rassicurazioni, di essere ascoltati ne tanto meno capiti e si pensa siano a conoscenza del loro progetto assistenziale e diagnostico/interventistico.
Sbagliato! Tante volte ho assistito a scene del tipo “infermiera a questo paziente dovremmo fare un prelievo per vedere i livelli di PT PTT e INR per stabilire se è necessario iniziare una terapia TAO con coumadin”. Dopo aver dato la sua prescrizione, il medico esce dalla stanza senza salutare e il paziente, con uno sguardo che varia dall’impaurito allo sconcertato, chiede all’infermiera di spiegargli “cosa ha detto il dottore”.
Questo genere di situazioni non fa altro che aumentare la paura del paziente, che già si trova in una realtà estranea alla sua quotidianità, con un problema che lui non comprende e non è in grado di risolvere da solo.
Questo loro credersi onnipotenti è una delle cose che mi infastidisce di più ma, ora che sono solo una studentessa, non posso fare niente per ribellarmi, quindi mi limito a trattenermi in stanza e spiegare al paziente quello che ha detto il medico.
Cambiando argomento… ieri sono andata a sciare con le mie cugine e mio zio. Dire che ci siamo divertiti è riduttivo. Soprattutto alla fine quando, la più grande delle tre sorelle, è caduta (da ferma) da un tapiroulant che andava ad una velocità paragonabile a quella di una tartaruga paralitica! Anche adesso se ci ripenso mi viene ancora da ridere. La scena che si è presentata ai miei occhi è stata questa: lei che continuava a sedersi sugli sci mentre l’affare procedeva lento, a un certo punto scivola, si ribalta a testa i giù con gli sci che fendevano la neve accumulata ai lati del nastro e io in piedi dietro di lei che ridevo tanto da farmi venire le lacrime agli occhi!
Ieri ho anche iniziato a leggere un nuovo libro: si intitola la Terra delle Storie di Chris Colfer. Gli amanti di Glee sapranno sicuramente chi è, ma per chi non ne fosse a conoscenza questo ragazzo interpreta Kurt Hummel, l’unico ragazzo gay dichiarato che frequenta la scuola Mckinley.
È un libro molto carino nonostante sia per bambini, lo si capisce dal lessico semplice e dalla narrazione fiabesca. Tuttavia sono d’accordo con la frase che ha inserito Chris all’inizio del libro “un giorno sarai abbastanza vecchio da ricominciare a leggere le fiabe” (di C.S. Lewis); non posso dire di essere vecchia, ma leggere una fiaba vuol dire poter tornare bambini e dimenticarsi dei problemi dei grandi. Ogni tanto abbiamo bisogno di scappare, rifugiarci in un mondo tutto nostro dove poter stare in tranquillità per almeno qualche ora.
Ho finito di leggere Red per l’ennesima volta (bello quanto il canestro della vittoria fatto all’ultimo secondo dell’ultimo quarto della partita); non mi stancherò mai di rileggerlo!
Il prossimo in lista sarà La Biblioteca dei Morti di Glenn Cooper: una mia amica ha detto che è molto bello, quindi ho deciso di prenotarlo in biblioteca, appena l’avrò finito vi farò sapere!
Ora me ne torno a studiare! Purtroppo gli esami si avvicinano e io non sono nemmeno lontanamente preparata!
Buona domenica a tutti!
Con affetto

C.

2 commenti:

  1. Ciao! Deve essere fantastico lavorare con i bambini *-*
    Sono curiosa di sapere cosa ne pensi del libro di Chris Colfer ^_^
    Red è in wl da una vita D: spero di leggerlo al più presto!

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  2. È bellissimo e stimolante! Sono in grado di darti tantissimo! Il libro l'ho quasi finito! Finora mi piace!!

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