domenica 29 maggio 2016

Di libri belli che fanno piangere e altri deliri.

Buon pomeriggio a tutti,
lo so. Ormai mi ritrovo a scrivere qualcosa per il blog una volta ogni due mesi, e no non lo faccio apposta.
Come state? io non me la sto passando troppo bene. Ho dovuto cambiare posto di lavoro perché nel precedente stavo iniziando ad avere qualche screzia con la caposala che è una persona veramente psicolabile e sociopatica, quindi prima di lasciarci le penne ho deciso di abbandonare la barca prima ancora che affondasse. Perché affonderà prima o poi, se gli operatori non si ribellano. Comunque sia, non pensiate che sia passata dall’inferno al paradiso eh, perché non è cosi. Anzi. Mi trovo esattamente su un pianeta alieno. Dove io sono l’estraneo dal quale tutti si guardano. Non so, forse credono che io abbia qualche terribile malattia infettiva, o che abbia gli occhi in grado di pietrificare le persone. Boh. Ormai ho imparato a guardare il bicchiere mezzo pieno: l’ambiente fa schifo, ma almeno ho un lavoro, un tempo pieno, la possibilità di un contratto a tempo indeterminato e la certezza di uno stipendio. Poi quel che sarà, sarà. Certo, non ho intenzione di passare tutta la vita in quel buco di mondo, altrimenti rischierei di impazzire (se non è già successo).
La dimostrazione che quella caposala non fosse una persona sana l’ho avuta durante la messa in onore di tutti i pazienti che ci hanno lasciato negli ultimi sei mesi in hospice. Siccome il mio rapporto con gli altri colleghi è rimasto intatto, ho deciso di andarci prendendolo come un modo per salutarli tutti e per rivedere quei parenti con i quali magari ho condiviso notti insonni. Insomma, quella che dovrebbe essere una caposala e che dovrebbe essere felice per me che finalmente ho trovato un posto in cui mi è stato offerto un contratto che non preveda uno stupidissimo part time a 15 ore settimanali, non mi ha nemmeno guardata in faccia e nemmeno salutata. Bella dimostrazione di maturità dal basso dei suoi 40 anni.
Comunque. In tutto questo trambusto, non ho abbandonato la lettura. In questi due mesi ho letto diversi libri che mi sono rimasti nel cuore.
Il giovane Holden. Ogni volta che leggo un libro adatto ad un pubblico di giovani, mi domando perché io non mi ci sia avvicinata prima, quando avevo l’età giusta per imparare qualcosa. La verità è che c’è sempre qualcosa da imparare da Holden e non a caso è diventato uno dei miei preferiti e se l’avessi qui adesso non tarderei ad aprirlo e a rileggere qualche passo. O lo si ama o lo si odia. Io lo amo. Sarà banale dirlo ma mi rivedo tanto in questo personaggio che si sente un po’ come la voce fuori dal coro. Non che io lo sia, capiamoci. Io non ho nulla di straordinario, però mi piacerebbe trovare il mio modo di pensare e il mio modo di vivere la vita, proprio come ha fatto Holden a sedici anni.
Un libro che mi ha strappato il cuore in mille pezzi è Io e Mabel, ovvero l’arte della falconeria. Ho letto questo libro dopo aver visto il video di una youtuber italiana (che penso conoscerete: Ilenia Zodiaco) in cui lo consigliava (e insieme a questo figurava anche Colazione da Tiffany di cui vi parlerò tra qualche riga). Insomma, un giorno girovagavo per Orio Center senza una meta con l’intento di perdere tempo fino a che non giungesse un orario idoneo per filarmela a casa di mia nonna a pranzo. Entro alla Giunti e lo vedo li, nello scaffale delle ultime uscite. Senza pensarci due volte l’ho acquistato, a prezzo pieno. Ed è valso tutti i 20 euro. Io non so perché circola questa credenza che il costo di un libro si debba basare sul numero di pagine che ha: io credo piuttosto che sia un modo per ripagare ciò che l’autore ci trasmette. Da questo libro ho imparato che ci sono diversi modi di elaborare un lutto. Una persona può piangere, una persona può dedicarsi a tutto pur di non pensare, una persona può inoltrarsi nell’addestramento di un astore che era poi la passione del proprio genitore che le era stata trasmessa fin da piccina. Helen si costruirà un guscio fatto di piume di falco che la proteggerà dal mondo esterno, ma sa perfettamente che questo suo modo di comportarsi non potrà durare all’infinito. Prima o poi la realtà la travolgerà e solo allora capirà che le mani dei falconieri non sono fatte solo per fare da posatoio per i loro rapaci, ma anche per stringere le mani di altri esseri umani. È uno dei libri più belli letti in questo 2016, ed è valso tutti i soldi spesi. Ringrazio sentitamente l’Einaudi per averlo tradotto.
Ritornando al discorso costo/qualità di un romanzo. Provate a pensare a ciò: voi comprereste mai un vestito a 5 euro sapendo che comunque questo abito non vi durerà più che due mesi prima che le cuciture inizino a saltare e i bottoni a staccarsi? Io sinceramente preferisco spendere qualche soldo in più e avere la certezza di qualcosa di duraturo (anche se, come tutti, ogni tanto cedo e acquisto qualche fesseria da H&M). Stessa cosa per i romanzi. Se so che un libro mi piacerà ne spendo anche trenta di euro. Se so che un libro ha qualcosa da insegnarmi sono disposta a pagare qualsiasi prezzo. Per esempio, qualche giorno fa ho acquistato da Libraccio Sette brevi lezioni di fisica di Paolo Rovelli. Un libricino di ottanta pagine e poco più alla modica cifra di dieci euro. Voi potreste pensare: è una pazzia. Per me sono stati i dieci euro meglio spesi dell’ultimo mese, perché questo libro ha riacceso in me la fiamma del mio amore per la fisica, che con il passare del tempo aveva iniziato a fare sempre meno luce nel mio cuore. E questa cosa secondo me non ha prezzo. Ma se secondo voi, i nove euro spesi per un libro vuoto, che non ha nulla da dire se non “innamoratevi dello stronzo”, “ricordatevi che se prendete la pillola potete non usare il preservativo” (che tra l’altro è una cosa che, da infermiera, mi fa accapponare la pelle), è sensata allora potete anche togliervi dai follower di questo blog. Perché qui non troverete una persona che spende parole per parlare di libri di questo genere. Sia perché non mi piacciono, sia perché penso siano diseducativi e altamente stupidi. E con questo non voglio suggerire che le persone che li leggono siano stupide, anzi, al mondo vige il libero arbitrio quindi ogni essere umano è libero di fare ciò che vuole. In sostanza: se per voi spendere 5 euro per qualcosa che consumate con la velocità con cui mangereste un panino del McDonalds per poi ritrovarvi comunque a morire di fame (e per far vedere che avete letto 150 libri nella sfida di Goodreads), buon per voi. Io continuerò ad essere povera e a saziarmi di qualcosa che so che mi rimarrà impresso, per un motivo o per un altro. Ok, fine del pippone.
Comunque, io vi consiglio di dare una possibilità ad Helen Macdonald e, fidatevi, non vi deluderà.
Prima ho accennato a Colazione da Tiffany. Non è che ci sia molto da dire su questo romanzo; trattandosi di un classico contemporaneo nutro sempre un po’ di timore reverenziale. Comunque durante la lettura non ho potuto fare a meno di paragonarlo al Grande Gatsby: entrambi sono impregnati di quella malinconia che colora di blu le giornate dei nostri personaggi (il blu è stato associato nei quadri di Van Gogh alla malinconia). Entrambi vissuti nei ruggenti anni venti, dove tutto brilla e dove tutto è bello. Peccato che entrambi abbiano dei passati che li portano a non godersi a pieno la loro vita. Per questo Holly si rifugia tra le mura di Tiffany. Non perché sia una fanatica dei gioielli, ma perché, come lei stessa dice, è l’unico posto in cui si sente veramente al sicuro. Credo di essere una delle poche persone al mondo a non aver visto il film che ha reso famosissima la grande Audrey Hepburn, ma so che il finale si discosta molto da quello del libro (e la storia non poteva finire in modo diverso, altrimenti non sarebbe stata così tristemente bella). E poi la Holly del libro è imbattibile, irriverente e simpatica e per la quale non puoi non provare empatia quando viene assalita dalle sue paturnie. Seriamente, leggetelo. Ci metterete si e no due ore.
Mi sono anche cimentata nella lettura di un libro di poesie: La bambina pugile ovvero la precisione dell’amore di Chandra Livia Candiani. Ecco, diciamo che questa raccolta mi ha distrutto il cuore, perché in ogni maledetta poesia io leggevo di lei: vedevo i suoi occhi sorridenti dietro gli occhiali giganti, vedevo i suoi capelli tagliati come quelli di un maschio, con la cresta e le punte tinte di viola. Soprattutto ho rivissuto tutto quello che abbiamo passato insieme, nel brevissimo periodo in cui siamo state colleghe, perché poi, per un malore, ha dovuto abbandonare il nido e volare verso qualcosa che ancora non ha trovato. Si, le sono sempre accanto (grazie Whatsapp), ma non è la stessa cosa. Comunque, questi componimenti mi han fatto piangere e non poco. E a questo libro sarà sempre riservato un posto nella mia libreria (e nel mio cuore) a portata di mano, così da poterlo raggiungere in ogni momento e rileggere tutte quelle poesie per le quali ho fatto la linguetta alla pagina.
E poi nulla. Stamattina ho terminato Blankets, una graphic novel di Craig Thompson e niente, è qualcosa di divino. Divino non solo perché ha in sé esattamente tutto quello che io penso riguardo la fede di cui non vi parlerò perché è un discorso troppo lungo e tortuoso. Divino anche e soprattutto per il modo magistrale con cui Thompson ha raccontato la SUA storia. Si perché è una graphic novel autobiografica, dove l’autore ripercorre ciò che l’ha portato ad essere la persona che è oggi. L’infanzia traumatica, una storia d’amore a distanza iniziata su una montagna in mezzo a cumuli di neve e finita al telefono. Dei genitori troppo cattolici che fin da bambino gli hanno inculcato idee giuste per loro riguardo dio e la fede, ma che non si adattavano all’adulto che poi sarebbe diventato Craig. Sono convinta che ognuno prima o poi trovi il suo modo di approcciarsi a dio, che non necessariamente è condiviso dalle altre persone. Sono più che certa che la maggior parte delle persone che si reca ogni domenica in chiesa lo faccia perché deve e non perché si sente di farlo. E se lo fai perché devi, allora quale è il senso di ciò? E soprattutto, si può essere vicini a dio senza necessariamente celebrarlo tutte le domeniche. Comunque. Non parla solo della sua fede verso dio. Questo romanzo è colmo di silenzi enfatizzati da una presenza costante: la neve. È presente in tutte le pagine del libro e gli dona quel tocco di magia che lo rende ancora più spettacolare. Se vi piacciono le graphic novel questa sicuramente vi ghiaccerà il cuore e ve lo strapperà in un milione di pezzettini, ma saprà anche ricomporlo per voi. Alcuni passi sono spassosissimi, soprattutto quando parla dell’infanzia condivisa con suo fratello.
In questo post vi ho parlato solamente dei libri che mi hanno segnata in qualche modo; gli altri che ho letto mi sono piaciuti si, ma non così tanto.
notate il fantastico segnalibro che spunta dalle pagine?
Ecco. L'ha fatto il mio amico P.
Infine voglio lasciarvi con una promessa: la promessa che non farò passare altri due mesi prima di pubblicare un nuovo post (e si, sono convinta di aver detto la stessa cosa la volta scorsa) anche perché i miei amici mi han regalato Kobane Calling per il compleanno e non vedo l’ora di leggerlo e parlarvene. Se non  lo sapete, io amo Zerocalcare. Proprio ieri ho festeggiato, con una settimana di ritardo, i miei 24 anni: ovviamente non potevo non portare i miei amici al Binario 9 ¾ , il pub a tema Harry Potter che hanno aperto vicino a Bergamo. Ci siamo rimpinzati come se fossimo dei tacchini per il giorno del ringraziamento, e abbiamo bevuto cocktail dai nomi magici come Stupeficium e Basilisco. E loro mi hanno deliziata con Kobane Calling e un nuovo charm che si aggiunge alla mia collezione di Pandora, un fantastico Penny porta fortuna che ha preso posto vicino al Double Decker inglese. E dopo la cena, non contenti, siamo andati al cinema a vedere Captain America – civil war: il mio intento era di parlarvi un po’ anche del film, ma reduce da una mattinata di fuoco al lavoro, mi sono addormentata più volte durante la visione: grazie P. per tutte le gomitate che mi hai mollato e per i “Chris Evans si sta togliendo la maglietta, svegliati!!!!”. E Grazie S. per essere la mia anima gemella, per te non ho altro da aggiungere, sto tenendo il resto delle parole per i nostri voti matrimoniali quando ci sposeremo nella villa del boss. E grazie anche S. (no non sono scema, S. è il fidanzato di S.) per sopportare tutti i nostri deliri e per averci scarrozzati fino a Mapello.
Con questo chiudo. Grazie per aver letto.
Con affetto, M.


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