C.
Tutta colpa del vento
Ero appena tornato a casa dopo un altro estenuante allenamento di
pallacanestro. Il venerdì è il giorno che più amo e più odio allo stesso tempo:
posso già entrare nell’ottica del week end, ossia pensare a rilassarmi e a
liberarmi di tutto lo stress accumulato durante la settimana. Ma è una fortuna
se a questo giorno ci arrivo vivo. Ogni settimana è una sfida per arrivare a
sabato pomeriggio sani e salvi: allenamenti, compiti, ripetizioni… un mix di
cose da fare che ti tengono sotto pressione e che mettono a dura prova i tuoi
nervi. Per fortuna hanno inventato la domenica.
Inserisco la chiave nella serratura e con mia grande sorpresa mi
accorgo che la porta è aperta.
“Mia mamma si sarà dimenticata di chiudere come suo solito” penso tra
me. Tutte le volte quando mia madre va a dormire, troppo stanca per aspettarmi
sveglia quando torno da allenamento, si dimentica di chiudere la porta a
chiave: ma dico non avrà paura che possa entrare qualcuno in casa? Io si!
Sarebbe la cosa che più mi inquieta e per questo farei fare alla chiave il
doppio giro, metterei il catenaccio e anche una sedia davanti alla porta. Ok
forse la sedia è un po’ esagerata: sta di fatto che io non mi dimenticherei mai
di una cosa così importante.
Entro in casa, abbandono la mia borsa dove capita e mi fiondo subito
davanti al fornello per vedere se la mia adorata mammina ha lasciato qualcosa
da mangiare dopo l’allenamento estenuante.
Mentre riscaldo i cannelloni nel forno a microonde, mi scappa l’occhio
al calendario e mi accorgo che oggi è un giorno particolare: venerdì 17
febbraio. Mamma e papà non ci sono, mi avevano detto che sarebbero andati fuori
a cena per festeggiare San Valentino, anche se con qualche giorno di ritardo.
“ma allora perché la porta era aperta? Mia mamma non può essere cosi
sbadata da dimenticarsi di chiuderla anche quando esce”. Questo pensiero
abbandona la mia mente nel momento in cui il suono del microonde mi avverte che
la mia cena è pronta. Prendo il mio piatto, una forchetta, un bicchiere e una
lattina di CocaCola e vado a sedermi sul divano, così posso gustarmi qualcuno
di quei programmi che la mamma non mi fa mai guardare visto che vanno in onda
sempre troppo tardi.
1000 modi per morire era appena iniziato ed io mi ero portato il primo
boccone in bocca, quando sento un rumore sordo provenire dalla camera da letto
dei miei. Non ci faccio troppo caso “sarà il gatto che gioca con i
soprammobili” penso.
Continuo a seguire il programma e a gustarmi la mia cena in tutta
tranquillità.
Finito di mangiare mi alzo per cercare qualcosa di dolce per
concludere in bellezza questa cenetta coi fiocchi. Un altro rumore. Più forte
di quello di prima. E vedo il gatto che dal bagno si dirige verso di me in
cerca di cibo. “allora non era lui la fonte del rumore”. Inizio a preoccuparmi:
l’idea che qualcuno possa essere entrato in casa inizia a farsi strada nella
mia mente.
“cosa faccio se c’è qualcuno?? Inizio ad urlare come una ragazzina??”
“No sono un maschio! Devo farmi valere” “ma come?? Qualsiasi uomo sarebbe più
forte di me!! Perché non ascolto la mamma quando mi dice di mangiare la carne…
a proposito della mamma: quando torna devo farle un bel discorsetto! Sempre se
quando tornano io sono ancora vivo e non sono stato brutalmente ucciso dal
serial killer psicopatico che è entrato in casa mia!!”.
Inizio ad aprire i cassetti a caso, in cerca di qualcosa che possa
essere usato come arma di difesa: mi munisco di mattarello e coltello per
tagliar la carne. Un coltello cosi grande non l’avevo mai visto! Mi fa quasi
paura a tenerlo in mano, figurarsi se qualcuno dovesse puntarmelo contro.
Ritorno sul divano insieme alle mie armi, mi accuccio contro i cuscini
e mi copro con la coperta che trovo. Sto letteralmente morendo di paura. I
rumori si fanno sempre più intensi. “starà cercando le cose di valore nella
stanza dei miei”.
“cosa faccio? Vado in camera e cerco di spaventarlo?”. Decido di
starmene rintanato nel mio angolino, in attesa del mio destino. “cosa farà
quell’essere quando mi vedrà?? Sicuramente mi ucciderà! Allora tanto vale
andare incontro alla mia sorte, tanto è comunque infausta!”.
Mi alzo dal divano. Decido di tenere la coperta sulle spalle: mi da un
senso di protezione. Nelle mie mani reggo con una presa salda, il mattarello e
il coltello.
Pian piano mi dirigo verso la porta che divide la zona giorno dalla zona notte. Inizio a sudare freddo e sento le mie ginocchia tremare.
Non ho mai avuto così tanta paura in vita mia.
Apro la porta cercando di fare meno rumore possibile, cercando di
mantenere almeno l’effetto sorpresa sullo psycho killer.
con passo felpato mi dirigo verso la stanza dei miei, già conscio
della fine che mi spetta non appena l’individuo si accorgerà della mia presenza
in quella casa.
Arrivo davanti alla porta, semiaperta della stanza, e con un movimento
velocissimo la spalanco e…….. adesso se ripenso a questa storia mi viene da
ridere. Rido soprattutto di me stesso per aver pensato che ci fosse un killer
in casa mia, e che non mi sia venuto in mente che mia madre accidentalmente
avesse potuto lasciare la finestra della sua stanza aperta, permettendo al
vento, particolarmente forte quella sera, di far cadere la maggior parte dei
gingilli che si trovavano sopra ai mobili della stanza.
Chiudo la finestra, recupero le mie armi e me ne torno in salotto,
premurandomi di lasciare le porte aperte: “non si è mai troppo prudenti”.
In quel momento arrivano anche i miei genitori, che vedendomi conciato
in quel modo, mi chiedono cosa sia successo. “tutta colpa del vento”.
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