sabato 21 settembre 2013

Nurse.

Essere infermieri vuol dire tante cose: lavorare senza la sicurezza di uno stipendio a fine mese, con la possibilità di saltare i riposi, senza avere tempo di fermarsi a bere un caffè.
Sono tante le idee che ti fanno pensare “no io quel lavoro non sarei mai in grado di farlo”. Sono tanti i difetti soprattutto dettati dalla società odierna, che ci considera come dei servi, sempre pronti ad obbedire agli ordini dei medici.
Tante fatiche abbiamo dovuto sopportare nel corso degli anni, per arrivare ad avere quel minimo di riconoscimento che ci è stato concesso solo qualche tempo fa. Non parlo solo dell’istituzione del corso di laurea, grande traguardo per questa professione sottostimata, ma anche e soprattutto, per il fatto che ora siamo considerati dei veri e propri professionisti.
Professionisti che possono compiere delle mansioni in autonomia.
Purtroppo questo cambiamento non è ancora arrivato agli occhi della gente, che non ci considera affatto come degli infermieri, ma come segretari, servi, addirittura camerieri.
Queste persone non sanno quanta dedizione ci vuole per svolgere questo lavoro, quanto sforzo fisico ed emotivo comporti.
Non si tratta solo di eseguire l’igiene personale e distribuire le colazioni la mattina.
Regalare un sorriso, una carezza, capire con lo sguardo una persona che non è più in grado di parlare, percepire la paura che può comportare l’esecuzione di una manovra e aiutare il paziente a superarla, stare accanto quando non resta più molto tempo per vivere, prendersi cura del corpo del paziente anche dopo la morte, per garantirgli dignità e rispetto anche nell’ultimissimo istante della sua vita. Prendersi cura dei parenti, che non sanno come affrontare la perdita.
Non si tratta solo dell'esecuzione tecnica di un prelievo, o dell'inserimento di un catetere vescicale.
Trattenere le lacrime, essere forte agli occhi di quelle mamme che vedono ricoverati i loro piccolini.
Prendere in braccio una bambina di pochi mesi con il viso deformato da un angioma grande come una pallina da tennis; e pensare che lei sia la creatura più bella e il dono più grande che la vita ci possa fare.
Vederla sorridere, inconsapevole del fatto che un giorno dovrà difendersi dai suoi compagni, dalle offese perché diversa. Diversa ma pur sempre bellissima. Bellissima agli occhi di questa stupida che ora piange mentre scrive queste idiozie. 
Mi ricorderò per sempre i sorrisi che mi regalava ogni volta che entravo nella sua stanza e la prendevo in braccio per portarla a giocare.
Mi rimarrai per sempre nel cuore piccola E.
Te e la tua mamma. Forte quanto un supereroe. Spero di diventare come lei.
Perché tutte le infermiere sono anche un po’ mamme, e io lo sono diventata per la prima volta con te.
Ho capito cosa vuol dire soffrire per qualcuno quando ti ho vista piangere mentre ti facevano un prelievo di sangue. E io ti sorridevo, ma dentro morivo.
E piango. Piango ripensando a tutte le brutte vicende che ho vissuto. Dal basso dei miei 21 anni, ho visto persone morire, andare in coma, lasciare il reparto con la consapevolezza che non sarebbero mai guarite dalla loro malattia e che gli restava ben poco da vivere.
Questa professione ti sbatte in faccia la realtà. Ti fa capire quanto la vita sia una cosa effimera: basta davvero poco e in un battito di ciglia ciò che di più caro hai al mondo ti può essere portato via.
E io posso solo soffrire in silenzio.
Per fortuna capitano anche eventi positivi: vedere una ragazza sopravvivere ad un incidente, con solo una clavicola rotta e una milza in meno. Vedere un signore risvegliarsi dal coma, dopo un ictus, quando tutti lo davano per spacciato e non c’era più niente da fare, lui ha guardato in faccia alla morte ed è riuscito a sfuggirle.
Per fortuna ci sono anche momenti di felicità, altrimenti non so dove troverei la forza per continuare.
Intanto questo post carico di tristezza lo dedico a te, mia cara piccola E.
A te che hai reso le mie giornate in chirurgia Maxillo Facciale degne di essere vissute.
A te che mi hai fatto piacere lavorare in quel reparto, nonostante non fosse quello che desideravo frequentare.
A te che mi hai fatto capire quanto una persona possa essere bella nonostante i difetti.
A te che mi hai fatto capire di essere bella a mia volta, nonostante riesca a vedere solo i miei difetti e non i miei pregi.
A te che mi hai fatta sentire mamma per la prima volta, ed è la cosa più bella del mondo.
A te che mi hai fatto desiderare di avere un bambino con tutto il mio cuore, nonostante sia ancora presto, è un sogno che faccio tutte le notti. Sogno una bambina esattamente come te, con i tuoi occhi blu, profondi come l’oceano, e i tuoi capelli biondi come quelli di un angelo.
A te che sei il mio angelo.
A te.
A te che ti sei presa un pezzettino del mio cuore, dal primo momento in cui ti ho vista, dal primo sorrisone che mi hai regalato.
A te, la paziente più bella che io abbia mai visto.
A te e alla tua super mamma.
A te che mi hai fatto amare essere un’infermiera.
Ti dedico tutto. Questo mio percorso è dedicato a te, sei stato lo spunto per la mia tesi di laurea e non potrei sentirla più mia.
E anche se non ci rivedremo più ti porterò sempre nel mio cuore.
Sei stata la prima bambina di cui io mi sia presa cura, ed è stato un onore farlo.
Il tuo sorriso è impresso nella mia mente, tatuato sul mio cuore. 
Ti voglio tantissimo bene piccola E.

E io devo smetterla di piangere. C.

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